Palazzo Vulpano – Sylos Labini
Via Planelli 51
Particella catastale: 1041, foglio 49
Proprietà: avv. Michele Sylos Labini
Vincolato con D.M. 17/11/1954
         
1 – La storia
Secondo il Carabellese, il palazzo Vulpano, oggi monumento nazionale (legge n. 1089, 1939), noto soprattutto per il grande fregio che orna la loggia del cortile interno, doveva essere in costruzione già nel 1445. Risale infatti a quella data un documento che tratta di un debito contratto dal notaio Angelo de Vulpano con un tale maestro Pietro di Giovanni, carpentiere o scalpellino di Bari. Ma la data riportata da un’epigrafe, oggi non più in sito, sposta la fondazione dell’edificio al 1500, citando i due fratelli Leucius e Johannes Pascalis, doctores clarissimi.
Di soli due anni più tarda è l’altra epigrafe inserita nel grande fregio della loggia. Questa decorazione reca, oltre all’insegna della famiglia Vulpano (la cui esistenza, documentata fin dal medioevo, fu spesso caratterizzata da intense relazioni commerciali con altre importanti famiglie italiane), anche lo stemma della famiglia Sylos di origine spagnola. Questo porterebbe la datazione del fregio ad un’epoca successiva al 1530, data del matrimonio tra Minerva Vulpano e Diego Sylos. Tuttavia l’analisi stilistica del palazzo e della stessa decorazione, non consente di discostarsi troppo dalla soglia temporale del 1500: è probabile che la fabbrica fosse a quella data già iniziata se non proprio in via di completamento. Sulla base di alcuni documenti notarili del 1495 è possibile affermare l’esistenza di rapporti tra lo scultore Nuzzo Barba di Galatina e i Vulpano. Tali notizie sono in corso di approfondimento da parte di Antonio Castellano con la prossima pubblicazione di uno studio monografico sullo scultore galatinese. Non si può escludere che l’artista abbia prestato la sua opera, ma più che al bassorilievo alle due statue collocate nella facciata, che rivelano chiare affinità stilistiche con le sculture di S. Maria dell’Isola a Conversano. Da alcune carte del notaio de Russis si sa che ancora nel 1520 la cappella dedicata a S. Michele era incompleta e vi si stava lavorando.
Queste scarne notizie sono sufficienti ad inquadrare nel tempo questa importante opera edilizia che si pone in particolare evidenza nel panorama architettonico rinascimentale pugliese, purtroppo meno ricco di esempi rispetto a quello medioevale.

2 – I caratteri architettonici
L’ispirazione ai modelli fiorentini e toscani è evidente nella massa compatta dell’edificio articolato intorno al cortile di forma quadrata, come ricordo della disposizione classica della domus romana intorno all’atrio. Tuttavia l’aspetto cubico dei modelli toscani viene temperato nell’edificio bitontino con la persistenza del principio (tutto medioevale) di adeguare la facciata all’andamento irregolare del tracciato delle strade e al pendio naturale del terreno. Si può dire che il palazzo Vulpano abbia un vero carattere quattrocentesco, anche se è stato costruito nel 1500; ricorda molto da vicino il quattrocento napoletano e ciò non meraviglia in quanto si sa che le forme d’arte giungono in provincia con ritardo, rispetto ai centri in cui operano i grandi architetti, di almeno un quarto di secolo. Il prospetto si suddivide in due tratti leggermente divergenti e sull’angolo si apre il portale di netta ispirazione catalana. A riguardo bisogna sottolineare che Alfonso II d’Aragona, sin dai primi anni del regno, fece venire a Napoli dalla Catalogna numerosi artisti per affidare loro la costruzione delle principali fabbriche di interesse della Corte. Tra questi eminenti furono i Sagrera Guglielmo e il figlio Giacomo. Il portale catalano, nella tipologia dei portali (con arco depresso inquadrato entro una cornice rettangolare), appare solo in Italia meridionale; più precisamente a Napoli (Palazzo Penne), in Abruzzo e in Puglia. Però non ha riscontri in Spagna, né in Catalogna. Quindi è una particolare elaborazione tra tardogotico e arte toscana, specialmente senese. Il Venditti dice infatti che sarebbe meglio chiamarlo portale aragonese, più che arco toscano, come propone il Pane. Questo è concepito come un vero arco di trionfo, ricco e sobrio allo stesso tempo. La sua ricchezza è dovuta all’effetto chiaroscurale che il suo insieme dà sulla superficie pura, liscia della parete di fondo. La sobrietà è data dalla purezza delle linee che lo compongono, espressa da una pregevole unità di elementi e coerenza stilistica. Notevoli sono la cornice e le delicate sculture ad essa attaccate, i capitelli a boccioli degli elementi verticali e il bassorilievo dei campi triangolari dentro le cornici. Nella sua forma originaria, oggi perduta, dopo l’inserimento dei balconi al posto delle finestre, tutto il prospetto era concepito quasi bidimensionalmente, con i tenui aggetti dei riquadri e delle cornici dal profilo semplice e sobrio.
All’interno, sul cortile quadrato, si affaccia la loggia decorata dal bassorilievo ispirato al gusto fiorentino rinascimentale e concepito con rigido criterio allegorico – didascalico, probabilmente con l’intenzione di magnificare le doti civiche e morali della famiglia Vulpano. Negli eleganti riquadri fanno equilibrio Scipione con Annibale, Antonino Pio con Nerone. Nei riquadri più piccoli è inciso il mito di Orfeo con la scena dei mostri marini. Secondo Luigi Sylos: "I cavalli laterali al riquadro di mezzo rivelano l’artista del primo Rinascimento, quando lo studio del cavallo è appena agli inizi della scultura; e così anche quelle giovanili figure di putti, donde il primo Rinascimento trasse tanti efficaci vantaggi nella decorazione, auspice Donatello a cui F. Mumtz attribuisce il merito di aver riabilitato l’infanzia nell’arte. Né meno commendevoli quei quattro medaglioni di donne in alto rilievo che riempiono gli spazi fra arco ed arco e collegano gli archi ai muri laterali. Si consideri poi lo studio dell’effetto prospettico, sicché la linea, più marcata e sommaria nella regione superiore, diventa accuratissima in basso e più leggera, degradando dal rilievo quasi allo stiacciato; e si noti anche il contrasto del materiale, che è pietra delle cavi pugliesi, e la bontà del lavoro, che non poco avrebbe acquistato di pregio se fatto nel marmo". Circa l’autore di tale opera possiamo dire che il Carabellese la ritiene disegnata da artista toscano ed eseguita da maestranze locali; in effetti, osservando i medaglioni ad alto rilievo il pensiero corre subito alla fabbrica dell’Ospedale maggiore di Milano, attribuita al Filarete, toscano, come di spirito toscano sono gli elementi architettonici, le cornici, lo zoccolo della facciata, i capitelli di Palazzo Vulpano. Per un ulteriore approfondimento segnaliamo la pubblicazione dell’avv. Michele Sylos Labini, attuale proprietario, intitolata proprio Allegorie del bassorilievo della loggia del palazzo Vulpano Sylos Labini.
Circa il complesso architettonico allo stato attuale, non si può essere certi che l’area su via S. Luca fosse compresa nello schema originario; qui la facciata, che risvolta ad angolo retto in modo rigido rispetto alla trama urbana, pur conservando continuità di partito architettonico con quella principale, appariva (prima delle demolizioni del 1958) fortemente alterata dalla sopraelevazione di un piano e dall’apertura di un secondo asse di ingresso.
Al nucleo principale del palazzo, all’origine forse circondato da aree verdi, è stato affiancato probabilmente alla fine del ‘700 il corpo di fabbrica che occupa l’angolo tra via Planelli e via discesa di S. Francesco, disposto su quattro livelli intorno ad un angusto cortile. I prospetti di questa fabbrica, pur essendo poveri di qualità architettonica, hanno un notevole valore ambientale, per la posizione d’angolo.
Anche le parti adiacenti a via S. Luca hanno subito alterazioni nella metà del secolo scorso, con la costruzione di una sopraelevazione e con modifiche sostanziali allo scalone centrale.
Queste opere, improntate a caratteri di pura economia senza eccessive preoccupazioni statiche, sono state interessate, negli anni ’50, da gravi dissesti che ne compromettevano seriamente la stabilità. Furono presi drastici provvedimenti di demolizione richieste nel 1958 e 1961 dal Genio Civile ed autorizzate dalla Sovrintendenza ai Monumenti, con il risultato di avere oggi tutta una vasta area del palazzo nello stato di rudere. I lavori furono estesi anche al resto, con la sostituzione di qualche solaio fatiscente e il rifacimento dell’impermeabilizzazione su progetto degli Ing. G. Lovascio e R. Lauta del 1961.
L’estremo degrado attuale del palazzo, disabitato dal 1979 richiederebbe un pronto intervento di recupero come denunciato anche dalle segnalazioni del Palazzo ad opera dell’Associazione dimore storiche italiane e della Lega Ambiente nell’iniziativa Salvalarte nel 1997 nonché dalla segnalazione del 1997 ad opera del Comando dei Carabinieri nel Censimento di strutture di interesse storico in stato di abbandono.

3 – I restauri

4 – Lo stato di conservazione
4.1 – Elementi strutturali: All’esterno del fabbricato non sono visibili fessurazioni che lascino pensare a dissesti statici dovuti a cedimenti o sovraccarichi; all’interno, invece i fenomeni di infiltrazione si sono diffusi estendendosi a tutte le coperture e determinando una generale e progressiva degradazione del fabbricato. I solai in legno e le parti in ferro dei solai a struttura metallica o in c.a. (quelli realizzati negli interventi di restauro del 1961) hanno subito danni irreparabili se non con un’integrale sostituzione. Allo stato attuale il fenomeno di degrado sta già interessando le strutture orizzontali inferiori ed i muri portanti.
4.2 – Paramento murario esterno: la facciata si presenta notevolmente annerita e con efflorescenze localizzate in diversi punti: lungo il cornicione, sulle cornici delle finestre al primo piano, in corrispondenza delle statue di ornamento della facciata. Sono inoltre presenti numerose macchie di umidità.
4.3 – Elementi decorativi: quelli esterni sono in condizioni critiche, in particolare le statue di ornamento della facciata; anche all’interno l’umidità e l’incuria hanno determinato un notevole degrado. Come documentato da diverse denunce effettuate tra il 1987 e il 1991, numerosi sfregi e furti hanno interessato in particolar modo il bassorilievo del loggiato, lo stemma di casa Vulpano, il pozzo del cortile, le statue a mezzobusto addossate al bassorilievo